Birra analcolica? Sì, ma occhio all’etichetta

Spesso e volentieri la tecnologia rende le cose più difficili, molto più semplice da attuare nella vita di tutti i giorni. È il caso certamente del settore dell’intrattenimento, che ormai si può apprezzare alla perfezione direttamente dalla propria abitazione, senza muoversi dal divano di casa, grazie a portali sicuri come casinoonlineaams.com, ma anche di tanti altri ambiti, come ad esempio quello alimentare.

Pensiamo, quindi, alla possibilità di acquistare tantissimi prodotti direttamente da un portale che si trova online: un vantaggio, ma in altri casi, senza conoscere a menadito alcune regole base, ecco che può trasformarsi anche in situazioni spiacevoli, soprattutto nel caso in cui i prodotti comprati non corrispondevano a quelli presenti nella foto e nella descrizione sul sito online.

Un caso simile può essere legato, oltre che alla poca attenzione, pure alla ridotta conoscenza delle qualità dei prodotti specifici. Giusto per fare un esempio, ci sono tantissime birre che vengono ribattezzate come analcoliche, quando in realtà, nonostante la percentuale sia decisamente bassa, una frazione alcolica è comunque presente.

Birre analcoliche… o no?

Nel corso degli ultimi, infatti, ci sono state diverse segnalazioni che hanno messo in evidenza come tante birre presentino al loro tracce di alcol, con dei contenuti che sono di solito compresi tra 0,5 e 0,5 punti percentuali. Tutto bene fin qui, se non fosse per il fatto che sulle confezioni è presente un titolo che non corrisponde al prodotto citato, visto che si parla di birre analcoliche.

Invece, l’indicazione della presenza di tracce di alcol viene riportata sulla confezione in un formato talmente ridotto che diventa anche difficile accorgersi della sua presenza. Certo, non si tratta di tracce con gradazioni molto alte, ma in ogni caso possono comunque portare a dei danni in alcuni soggetti che presentano una fragilità maggiore. Basti pensare, giusto per fare un esempio, alle donne che si trovano in stato di gravidanza oppure a quelle persone che stanno seguendo un percorso di disintossicazione dall’alcol.

In base a quanto è previsto dalla normativa attualmente in vigore, però, ecco che le case di produzione di queste birre analcoliche, che poi comunque contengono delle tracce di alcol, non si potrebbero punire. Tutto “merito” dell’articolo 2 della normativa, che definisce la terminologia di birra analcolica, mettendo in evidenza come tale etichetta sia da riferire solo ed esclusivamente a quei prodotti con grado Plato non più basso di 3 e non più alto di 8, oltre che con un titolo alcolometrico volumico che non va oltre la soglia dell’1,2%.

Un problema per i consumatori

Come si può facilmente intuire, quindi, sia le etichette che tutte le varie scritte che sono presenti sulle confezioni, ma anche direttamente sulle bottiglie, possono rappresentare un bell’inganno per chi ha intenzione di completare l’acquisto.

Cosa è necessario fare in questi casi? La soluzione suggerita è quella di provvedere alla lettura, con la massima attenzione ovviamente, delle scritte che sono state realizzate in caratteri più piccoli e che, spesso e volentieri, sono collocate proprio sul retro della confezione piuttosto che della bottiglia.

Si tratta, in fondo dell’unica soluzione per poter valutare e capire se, in effetti, quella specifica birra analcolica, il cui mercato entro il 2026 varrà all’incirca 29 miliardi di dollari, è effettivamente tale, e quindi non presenti al suo interno nemmeno qualche traccia di alcol, oppure se al contrario ne contiene in maniera anche lieve, sempre entro i quantitativi e i limiti che sono stati stabiliti da parte della normativa che è attualmente in vigore. Proprio in tal senso, è bene sottolineare ancora una volta come l’unico sistema possibile per evitare “fregature” è proprio quello di procedere in autonomia con il controllo di tutte le varie indicazioni che sono riportate al di sopra della confezione.

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